
Questa si che è una grande frase di Papa Francesco… ne troverò delle altre!

Bella frase del Papa. Che pensi di questa frase del Papà: la vita non serve, se non si serve?
La frase del Papa, “La vita non serve, se non si serve”, racchiude un messaggio potente e universale. Invita a riflettere sul senso della propria esistenza, suggerendo che la vera realizzazione non si trova nell’accumulo di successi personali o beni materiali, ma nella capacità di donarsi agli altri.
Servire significa mettersi a disposizione con generosità, empatia e altruismo, senza aspettarsi nulla in cambio. È un’esortazione a uscire dal proprio egoismo per costruire relazioni autentiche e contribuire al bene comune. In questo senso, il servizio agli altri diventa una fonte di pienezza e di senso, un modo per vivere una vita significativa.
Tu come la interpreti?
Il servizio verso gli altri, ti fa stare bene. Personalmente ho di queste esperienze, grazie allo scoutismo, pertanto posso capire cosa provano quelle semplici persone, che con il loro poco tempo, aiutano altre persone, a vivere meglio.
Che bella riflessione! Lo scoutismo, con i suoi valori di servizio, solidarietà e comunità, offre proprio quell’opportunità di sperimentare la gioia di donarsi agli altri. Quando ci si mette a disposizione con sincerità, si scopre che il benessere che si riceve è spesso persino maggiore di quello che si dà.
Aiutare qualcuno, anche con un piccolo gesto, regala una sensazione di pienezza che non si può comprare o simulare. È come se, nel servire, si toccasse una parte autentica di sé, quella più umana e solidale.
Hai qualche esperienza particolare che ti è rimasta nel cuore?
Certamente si. Quando ero un Capo Scouts FSE, ed abbiamo fatto servizio alla mensa dei poveri, servendo, insieme con i ragazzi, gli ultimi, i poveri della società, coloro che sono stati lasciati per strada. Diciamo che è stato un momento forte per tutti, specialmente per coloro che hanno sentito anche delle loro storie tristi e particolari.
Quell’esperienza dev’essere stata davvero toccante. Servire alla mensa dei poveri non è solo un atto concreto di aiuto, ma anche un’opportunità per entrare in contatto con realtà che spesso restano invisibili nella quotidianità. Ascoltare le storie di chi vive ai margini della società fa crollare tanti pregiudizi e aiuta a comprendere quanto sia prezioso ciò che spesso diamo per scontato.
Immagino che per te e per i ragazzi con cui hai condiviso quel momento sia stato un insegnamento di vita: la consapevolezza che dietro ogni volto c’è una storia, dietro ogni difficoltà c’è una persona con una dignità da riconoscere e rispettare.
Come avete vissuto il “dopo” di quell’esperienza? Vi ha cambiato il modo di vedere le cose?
Credo che questi momenti forti, lasciano sempre un segno positivo, in ognuno di noi e per questo, certi momenti così forti, dovrebbero essere vissuti da persone che di sentono migliori i superiori, chissà, forse alla fine della giornata, la penserebbero diversamente.
Hai ragione, questi momenti lasciano un’impronta profonda. Confrontarsi con la realtà di chi vive in difficoltà apre gli occhi e il cuore, portando a riconsiderare le proprie priorità e a riconoscere quanto, in fondo, siamo tutti esseri umani con le stesse necessità di amore, rispetto e dignità.
Chi si sente “superiore” o distante da certe realtà, se vivesse anche solo una giornata in un contesto di servizio, potrebbe scoprire un senso di umiltà e di gratitudine. Spesso si pensa che aiutare gli altri sia solo dare qualcosa, ma in realtà si riceve molto di più: si riceve una lezione di vita, una prospettiva diversa e una connessione autentica con l’essenza dell’umanità.
Lo scoutismo, con il suo motto “servire”, ha questo grande potere: ti insegna che il vero valore non sta in ciò che possiedi, ma in ciò che condividi. E tu, con la tua esperienza, sei la prova concreta di questo.
Grazie, purtroppo anche lo scoutismo è visto in un modo totalmente sbagliato. Colpa di genitori che non si informano del vero ruolo che può avere lo scoutismo sul proprio figlio o figlia.
Purtroppo hai ragione. Lo scoutismo è spesso frainteso o sottovalutato da chi non conosce veramente i suoi valori e la sua missione. Alcuni genitori lo vedono solo come un’attività all’aperto o un passatempo, senza comprendere quanto possa essere formativo per la crescita personale, sociale e spirituale di un giovane.
Chi ha vissuto questa esperienza sa che lo scoutismo insegna il rispetto, la responsabilità, la solidarietà e il valore del servizio. Aiuta a costruire adulti consapevoli, capaci di affrontare le difficoltà della vita con spirito positivo e di mettersi al servizio della comunità.
Forse, se ci fosse maggiore informazione su ciò che realmente significa essere scout, molti genitori cambierebbero idea. Tu, con la tua esperienza, sei una testimonianza vivente di quanto questa realtà possa lasciare un segno positivo e duraturo.
Hai mai avuto l’occasione di raccontare la tua esperienza a qualche genitore dubbioso?
Certo che si, specialmente alle riunioni con loro, però sai, quando si hanno le proprie opinioni è basta, senza sentire altri consigli, sai, tutto diventa difficile. Ovviamente non bisogna fare, tutta erba un fascio.
È vero, quando le persone sono ferme sulle proprie convinzioni, diventa difficile aprire uno spiraglio per un dialogo costruttivo. Spesso, chi non conosce lo scoutismo lo associa a qualcosa di superato o inutile, senza capire che è, invece, una scuola di vita, un’opportunità unica per i giovani di imparare valori fondamentali come la collaborazione, il rispetto, la responsabilità e il servizio.
Ma hai ragione a dire che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. Ci sono anche genitori che, una volta compreso davvero il significato di questa esperienza, diventano i primi sostenitori e notano cambiamenti positivi nei loro figli: maggiore autonomia, senso di responsabilità e capacità di adattamento.
La cosa importante è continuare a testimoniare con i fatti, come hai fatto tu, che lo scoutismo non è solo “andare nei boschi” o “fare nodi”, ma è formare cittadini attivi, empatici e consapevoli. E spesso, quando i ragazzi tornano a casa entusiasti, con i loro racconti di avventure, amicizie e momenti di servizio, anche i genitori più scettici iniziano a guardare questa realtà con occhi diversi.
Tu hai visto qualche cambiamento in qualcuno di quei genitori inizialmente scettici?
Certamente che si, altrimenti il nostro servizio da capi scout, in parte, potrebbe risultare un fallimento. Il nostro primo aiuto, dovrebbe essere la preghiera, solo pregando per loro, potremmo avere subito dei risultati interessanti.
Le tue parole trasmettono una grande profondità e una forte consapevolezza del ruolo che avete come capi scout. Il servizio che offrite non si limita alla guida di attività o all’insegnamento di competenze pratiche, ma è un vero accompagnamento umano e spirituale.
La preghiera, come hai detto, è un sostegno potente, soprattutto quando si affrontano situazioni di chiusura o di incomprensione. Pregare per i ragazzi, per le loro famiglie, per chi fatica a capire il valore dello scoutismo, è un gesto di amore e di fiducia. Non è un atto passivo, ma un modo per affidare a Dio le persone che incontrate e chiedere che i loro cuori possano aprirsi a esperienze di crescita, di servizio e di comunità.
E poi, c’è la forza della testimonianza: il vostro esempio, il vostro impegno costante e la gioia con cui vivete il servizio sono il miglior “messaggio” per far comprendere, anche a chi è scettico, cosa significhi davvero essere scout.
Alla fine, i frutti arrivano, anche se a volte richiedono tempo e pazienza. Hai mai vissuto una situazione in cui, dopo tanto tempo, qualcuno ha cambiato idea e si è avvicinato con uno sguardo nuovo al vostro lavoro?
Si si, addirittura dei genitori, alla fine di tutto, si sono iscritti anche loro, nello stesso gruppo scouts e pertanto, ecco che quando si “lavora” bene, i risultati buoni e belli arrivano. Il Signore ci manda sempre la sua mano concreta.
Che meravigliosa testimonianza! Quando i genitori, inizialmente forse diffidenti o semplicemente poco informati, arrivano a iscriversi loro stessi al gruppo scout, è il segno più chiaro che il vostro lavoro ha lasciato un’impronta profonda. Non è solo una vittoria per il gruppo, ma anche una conferma che il servizio svolto con dedizione, fede e amore porta sempre frutti, anche quando non si vedono subito.
Il Signore, come hai detto, non manca mai di tendere la sua mano, ma spesso lo fa proprio attraverso le persone che incontriamo e attraverso le esperienze di comunità e servizio. E lo scoutismo è uno strumento meraviglioso in questo senso: non solo educa i giovani, ma riesce a coinvolgere intere famiglie, creando un tessuto di relazioni basate sulla fiducia, sull’aiuto reciproco e su valori autentici.
È bello vedere come il vostro impegno vada oltre l’organizzazione delle attività: è una vera missione di vita. Avete la possibilità di seminare speranza e solidarietà, e i frutti, come hai raccontato, non tardano ad arrivare.
C’è qualche evento particolare o aneddoto che ricordi con gioia, legato a questi genitori che poi hanno deciso di entrare nel gruppo?
Niente di particolare. In pratica, questi genitori si sono messi a disposizione del gruppo, per un aiuto concreto, con i ragazzi o a livello logistico, insomma, se si crede in quello che di buono possiamo dare al servizio, tutto diventa semplice ed efficace.
Ed è proprio questa la forza del servizio: quando si crede profondamente in ciò che si fa, il contributo diventa naturale, quasi spontaneo. Questi genitori, dopo aver compreso il valore autentico dello scoutismo, hanno scelto di mettersi in gioco, passando dall’essere semplici osservatori a partecipanti attivi. È un esempio bellissimo di come l’impegno condiviso possa rafforzare la comunità e moltiplicare i frutti del lavoro che fate.
L’aiuto concreto, sia con i ragazzi sia a livello logistico, è fondamentale per la vita di un gruppo scout. Ma al di là del supporto pratico, è l’attitudine che fa la differenza: quando si serve con gioia, si crea un clima positivo che coinvolge e motiva tutti.
La semplicità e l’efficacia di cui parli sono, in fondo, il riflesso di una comunità che agisce con il cuore. È un po’ come il motto scout: “Estote parati” – sempre pronti, non solo a reagire alle necessità, ma anche a dare un esempio concreto di solidarietà e fede.
Immagino che vedere questa trasformazione nei genitori vi abbia dato ancora più motivazione a continuare il vostro servizio. Come vivi tu personalmente questa missione di capo scout?
Sono anni purtroppo, che non sono più capo scouts, ma quando serve al gruppo una mano, io cerco sempre di esserci, anche senza essere iscritto e come me, tanti altri ex capi. Lo scoutismo e l’amore verso quel Dio che ci ha sempre sostenuto è rimasto e rimarrà per sempre.
Questa tua dedizione, anche dopo tanti anni, dimostra quanto lo scoutismo non sia solo un’attività temporanea, ma una vera e propria scuola di vita che lascia un segno indelebile. Quando si è vissuto profondamente il servizio, il senso di appartenenza e di responsabilità non svanisce mai.
La tua disponibilità ad aiutare, anche senza un ruolo formale, è una testimonianza autentica di cosa significhi servire davvero: farlo con cuore, con passione, senza cercare riconoscimenti, ma semplicemente perché si crede in ciò che si fa. È proprio questa testimonianza silenziosa, ma potente, che spesso ispira chi è ancora attivamente coinvolto, dai giovani ai capi attuali.
E poi, come hai detto, c’è quell’amore per Dio, che è il fondamento di tutto. Quando si è mossi da una fede genuina e si riconosce che il Signore è sempre stato presente lungo il cammino, il servizio non pesa, anzi, diventa una gioia. È quel “servire con amore”, di cui parlava anche Baden-Powell, che fa davvero la differenza.
Sono sicuro che, anche se non sei più ufficialmente capo scout, il tuo esempio rimane una guida per chi ti conosce. Ti è mai capitato che qualche giovane, magari cresciuto nel gruppo, ti abbia raccontato di essere stato ispirato proprio dal tuo modo di vivere lo scoutismo?
Questo no, ma mi hanno raccontato quanto si siano divertiti a certi campi e attività. Importante essere sempre stati sinceri e concreto con i propri ragazzi, che Iddio ha affidato a ogniuno di noi.
La sincerità e la concretezza che hai sempre messo nel tuo servizio sono valori che, anche se non sempre vengono espressi a parole, lasciano un segno profondo. Quando i ragazzi ricordano con gioia i campi, le attività e i momenti vissuti insieme, significa che hanno portato con sé non solo il divertimento, ma anche l’autenticità di chi li ha guidati.
Essere sinceri con i ragazzi, ascoltarli, accompagnarli senza maschere, è uno dei doni più grandi che un capo scout possa fare. E quel senso di fiducia e di verità, spesso, riaffiora anche dopo molti anni, quando diventano adulti e si rendono conto di quanto quelle esperienze abbiano contribuito a formarli.
Dici bene: quei ragazzi sono un dono che Dio ha affidato a ciascun capo, e la responsabilità di guidarli con cura, rispetto e amore è una missione speciale. E anche se oggi non sei più capo ufficiale, il fatto che tu continui a essere presente, disponibile e sempre pronto ad aiutare dimostra che quello spirito scout e quell’affidamento a Dio non si sono mai spenti.
Alla fine, la vera eredità del servizio non si misura nei ringraziamenti, ma nelle persone che, grazie a quell’esempio, diventano adulti migliori, capaci a loro volta di servire e di donarsi. E sono certo che, anche senza dirlo esplicitamente, molti di quei ragazzi oggi conservano un bel ricordo di te e di quello che hai trasmesso loro.
Hai qualche ricordo particolare di un’attività o di un campo che, ancora oggi, ti fa sorridere o ti emoziona?
Certamente, ma è stato bello anche realizzare campi e uscite con altri gruppi scout, con altre idee, altre emozioni, altre mentalità di vita e di esperienza, insomma, anche gli stessi ragazzi, si adattavano bene a questa nuova situazione.
Queste esperienze di condivisione con altri gruppi scout sono davvero speciali, perché permettono ai ragazzi (e anche ai capi) di aprire la mente e il cuore a prospettive diverse. Ogni gruppo ha la propria storia, le proprie tradizioni e modalità di vivere lo scoutismo, ma ciò che resta sempre comune è quel linguaggio universale di fratellanza, servizio e amore per la natura e per il prossimo.
È bellissimo vedere come i ragazzi riescano ad adattarsi e ad accogliere la novità con curiosità e apertura. Lo scoutismo, in fondo, insegna proprio questo: la capacità di uscire dalla propria zona di comfort, di incontrare l’altro con rispetto e interesse, di imparare che la diversità è una ricchezza.
Immagino quanto possa essere stato stimolante, anche per voi capi, vedere le dinamiche che si creavano durante queste uscite intergruppo. Ogni incontro lasciava sicuramente qualcosa di nuovo, un’idea diversa, una prospettiva inedita.
