Capitoli Giovanni 10-11-12

Capitoli Giovanni 10-11-12

Dio piange con noi! Gesù sa che riporterà in vita Lazzaro, eppure condivide il dolore umano. Questo ci mostra un Dio che non è distante, ma soffre con noi.

Capitoli Giovanni 10-11-12

Giovanni 10: Gesù, il Buon Pastore che dona la vita

1. “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,1-10)

Gesù inizia parlando di pecore, di un ovile e di un pastore. Dice:

“Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante” (Gv 10,1)

E poi aggiunge:

“Io sono la porta delle pecore” (Gv 10,7)

Cosa significa?

  • L’ovile rappresenta il popolo di Dio.
  • Gesù è la porta: solo passando attraverso di Lui si entra nella vera vita.
  • I ladri e i briganti sono coloro che cercano di ingannare il popolo con falsi insegnamenti.

E poi arriva una delle frasi più belle del Vangelo:

“Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10)

Gesù non viene a limitarci, ma a darci una vita piena, vera, abbondante!


2. “Io sono il Buon Pastore” (Gv 10,11-18)

Gesù continua con un’affermazione potentissima:

“Io sono il Buon Pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore” (Gv 10,11)

E fa un confronto con il mercenario, che invece scappa quando arriva il pericolo, perché non gli importa delle pecore.

Cosa ci insegna questa immagine?

  • Gesù non è un pastore qualunque, ma dà la vita per noi.
  • Non siamo un numero per Lui, ma ci conosce uno per uno.
  • Il mercenario rappresenta chi si prende cura degli altri solo per interesse, ma abbandona nel momento del bisogno.

Poi dice:

“Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre” (Gv 10,14-15)

Questa è una relazione profonda: Gesù non è un pastore distante, ma ci conosce e si prende cura di noi con amore.

Infine, Gesù fa un’apertura universale:

“Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare” (Gv 10,16)

Qui parla dell’umanità intera: la salvezza non è solo per Israele, ma per tutti i popoli.


3. Gesù e il Padre sono una cosa sola (Gv 10,22-42)

A un certo punto, i Giudei chiedono:

“Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente” (Gv 10,24)

E Gesù risponde con parole fortissime:

“Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30)

Questa frase provoca un terremoto spirituale: i Giudei capiscono che Gesù si sta identificando con Dio e vogliono lapidarlo per bestemmia.

Ma Gesù ribadisce che le sue opere dimostrano chi Lui è:

“Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere” (Gv 10,37-38)

Alla fine, alcuni cercano di arrestarlo, ma Lui si allontana e molti iniziano a credere in Lui.


Riflessione e attualizzazione

  • Gesù è il nostro vero Pastore, non un mercenario: possiamo fidarci di Lui.
  • Lui ci conosce per nome e ci ama personalmente.
  • Seguire Gesù significa entrare nella vera vita, quella abbondante e piena di senso.
  • Gesù e il Padre sono una cosa sola: credere in Lui significa credere in Dio.

Che ne pensi, Marco? Ti colpisce di più l’immagine del Buon Pastore o il fatto che Gesù si dichiara una cosa sola con il Padre?

Passiamo ora al capitolo 11 del Vangelo di Giovanni, uno dei più commoventi e profondi, perché contiene il miracolo della risurrezione di Lazzaro, che anticipa la vittoria di Gesù sulla morte.


Giovanni 11: “Io sono la risurrezione e la vita”

1. La malattia e la morte di Lazzaro (Gv 11,1-16)

“Signore, ecco, colui che tu ami è malato” (Gv 11,3)

Lazzaro, amico di Gesù, si ammala. Le sue sorelle, Marta e Maria, mandano un messaggio a Gesù. Ma Gesù non va subito da lui; anzi, dice:

“Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio” (Gv 11,4)

Strano, vero? Lazzaro muore, eppure Gesù dice che non è per la morte, ma per la gloria di Dio. Qui capiamo che Dio ha un piano più grande, che spesso non comprendiamo subito.

Dopo due giorni, Gesù decide di andare in Giudea. I discepoli si spaventano, perché lì lo vogliono uccidere. Ma Gesù risponde:

“Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma io vado a svegliarlo” (Gv 11,11)

Per Gesù la morte non è la fine, ma un sonno da cui può svegliare chiunque.


2. Il dialogo con Marta: La fede oltre la morte (Gv 11,17-27)

Quando Gesù arriva, Lazzaro è morto già da quattro giorni. Marta gli dice con dolore:

“Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!” (Gv 11,21)

Quante volte anche noi diciamo a Dio: “Perché non sei intervenuto prima?”

Gesù la guarda e le dice una delle frasi più potenti del Vangelo:

“Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11,25)

Marta crede nella risurrezione dell’ultimo giorno, ma Gesù le sta dicendo qualcosa di più grande: Lui è la risurrezione, qui e ora!


3. Il pianto di Gesù e il miracolo (Gv 11,28-44)

Maria, l’altra sorella, arriva piangendo e dice le stesse parole di Marta:

“Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto” (Gv 11,32)

E qui accade qualcosa di straordinario: Gesù si commuove e piange.

“Gesù scoppiò in pianto” (Gv 11,35)

Dio piange con noi! Gesù sa che riporterà in vita Lazzaro, eppure condivide il dolore umano. Questo ci mostra un Dio che non è distante, ma soffre con noi.

Poi Gesù ordina di togliere la pietra del sepolcro. Marta protesta:

“Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni!” (Gv 11,39)

Ma Gesù prega il Padre e grida:

“Lazzaro, vieni fuori!” (Gv 11,43)

E Lazzaro esce vivo!


4. La reazione: La decisione di uccidere Gesù (Gv 11,45-57)

Molti credono in Lui dopo questo segno, ma i farisei si preoccupano e decidono di ucciderlo. Il miracolo di vita diventa la causa della sua condanna a morte.

Il sommo sacerdote Caifa profetizza senza saperlo:

“È meglio che un solo uomo muoia per il popolo, e non perisca tutta la nazione” (Gv 11,50)

Non sapeva che stava dicendo la verità: Gesù sarebbe morto per salvare tutti noi!


Riflessione e attualizzazione

  • Gesù non interviene subito perché ha un piano più grande per noi.
  • Anche noi spesso ci chiediamo “Signore, dove sei?”, ma Lui è sempre con noi.
  • Gesù è la risurrezione e la vita: chi crede in Lui non muore per sempre.
  • Dio non è distante: piange con noi e soffre per il nostro dolore.
  • La vita che Gesù dona non è solo fisica, ma eterna.

Che ne pensi, Marco? Ti colpisce di più il pianto di Gesù o il suo potere sulla morte?

Passiamo ora al capitolo 12 del Vangelo di Giovanni, un capitolo di transizione tra i miracoli e la Passione di Gesù. Qui troviamo momenti fortissimi, tra cui l’unzione di Gesù, il suo ingresso trionfale a Gerusalemme e l’annuncio della sua imminente glorificazione.


Giovanni 12: L’ora di Gesù è arrivata

1. L’unzione di Gesù a Betania (Gv 12,1-11)

“Maria prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli” (Gv 12,3)

Gesù è a Betania, sei giorni prima della Pasqua. Qui, Maria, sorella di Lazzaro, compie un gesto di amore incredibile: versa sui piedi di Gesù un profumo costosissimo e li asciuga con i suoi capelli.

Giuda Iscariota critica il gesto, dicendo che il denaro del profumo poteva essere dato ai poveri. Ma Giuda non parla per amore, ma perché rubava dalla cassa comune.

Gesù risponde con parole profetiche:

“Lasciala fare, perché essa lo conservi per il giorno della mia sepoltura” (Gv 12,7)

Maria sta profeticamente ungendo Gesù per la sua sepoltura!

Cosa ci insegna questo episodio?

  • Il vero amore per Gesù non ha calcoli: Maria dona tutto.
  • Gesù sa che la sua morte è vicina e accetta questo gesto come preparazione.
  • Giuda rappresenta chi usa la religione per interessi personali.

2. L’ingresso trionfale a Gerusalemme (Gv 12,12-19)

“Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il re d’Israele!” (Gv 12,13)

Gesù entra a Gerusalemme acclamato dalla folla, ma non su un cavallo da guerra, bensì su un asino, segno di umiltà e pace.

La folla lo acclama, ma pochi giorni dopo griderà: “Crocifiggilo!” Questo ci mostra quanto il cuore umano sia incostante.

I farisei, vedendo il successo di Gesù, dicono con frustrazione:

“Vedete? Il mondo intero gli è andato dietro!” (Gv 12,19)


3. L’ora della glorificazione di Gesù (Gv 12,20-36)

Alcuni Greci vogliono vedere Gesù. E qui Lui annuncia che è arrivata la sua ora:

“Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24)

Gesù parla della sua morte come un seme che deve morire per portare frutto. È una grande lezione anche per noi: spesso dobbiamo “morire” a noi stessi per portare vero frutto nella vita.

Poi dice:

“Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!” (Gv 12,27)

Gesù sente il peso della sua missione, ma la abbraccia per amore.

E poi una voce dal cielo conferma la sua missione, come nel Battesimo e nella Trasfigurazione:

“L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò” (Gv 12,28)


4. La cecità spirituale del popolo (Gv 12,37-50)

Nonostante i miracoli di Gesù, molti non credono in Lui. Questo era stato già profetizzato da Isaia:

“Hanno accecato i loro occhi e indurito il loro cuore” (Gv 12,40)

Gesù conclude con parole fortissime:

“Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre” (Gv 12,46)

Ma avverte:

“Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole ha chi lo giudica: la parola che ho detto lo giudicherà nell’ultimo giorno” (Gv 12,48)


Riflessione e attualizzazione

  • Maria ci insegna l’amore totale per Gesù, senza calcoli.
  • Gesù entra a Gerusalemme come Re di Pace, ma il mondo lo rifiuta.
  • Per portare frutto, dobbiamo imparare a “morire” a noi stessi, come il chicco di grano.
  • Gesù è la luce del mondo: siamo aperti ad accoglierlo o abbiamo il cuore indurito?
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